Angela Vallorani

Angela nacque da Elena Palmieri e Alessandro Vallorani nel 1559. Tre dei fratelli di Angela, dopo alcune lezioni di matematica e grammatica a Roffeno, si trasferirirono a Bologna per proseguire gli studi. Per le figlie femmine vi era un destino differente: ovvero seguire i lavori di casa, ricamare, tessere e cucire. La meta era quella di arrivare al matrimonio che non tardò a venire con Pompeo Martini, il 22 febbraio 1579, che abitava insieme ai genitori alla Calvana, località poco distante da Querzè, il borgo dove Angela era nata e cresciuta.

Non venne rogato dal notaio alcun contratto relativo alla dote, né in forma privata né pubblica: tra le famiglie vi era solo un accordo orale in base al quale il padre di Angela si impegnava a consegnare in dote alla figlia una somma importante: 1500 lire.

Dopo un anno di matrimonio arrivò il loro primo figlio, Giovanni, che nacque già orfano di padre che era caduto vittima durante un dissidio legato al banditismo, fenomeno molto tipico per l’epoca. Angela a 24 anni era già vedova e non aveva la patria potestà sul figlio, in quanto i figli maschi erano di ‘proprietà’ della famiglia del marito. Le venne dunque tolto, e dovette aspettare di avere 25 anni, ovvero la maggiore età, per richiederlo in tribunale e nel frattempo tornò nella casa paterna. Alessandro Vallerani venne poi nominato tutore e amministratore dei beni del nipote e Angela fu privata della dote e della gestione dell’eredità del figlio.

Nel frattempo la donna conobbe il bandito Battistino da Tolè che poco dopo la rapì – probabilmente con lei consenziente – con la seria intenzione di sposarla. Il padre di Angela non diede il permesso al matrimonio e si tenne ancora la dote promessa.

Battistino, già dal 1576, aveva sulle sue spalle una condanna a morte e alla confisca dei beni, quando venne processato e giudicato in contumacia per l’omicidio di MeIchione di Predacchio. Per cui la vita della coppia si svolse al limite della legalità, finché Battistino fu arrestato e giustiziato, e  Angela fu vedova per la seconda volta. Venne convocata dal tribunale in contumacia e poi prosciolta, perché disse di essere stata rapita e quindi di non conoscere le malefatte del marito. Per la seconda volta dovette tornare nella casa paterna, dove viveva anche suo figlio Giovanni ormai adolescente. Ma la storia prosegue con un altro procedimento legale nel 1594 voluto da  Rosa Miseracci, una vedova senza figli che alla morte del marito si era trasferita nel borgo del Querzè a pochi metri dalla casa di Alessandro Vallerani con il quale aveva iniziato una storia amorosa. La donna venne assalita da banditi e di questo incolpò Angela che probabilmente li aveva davvero assoldati nel timore che il padre volesse sposare Rosa – cosa che avvenne sette anni dopo – pesando sulle economie della famiglia.

La storia finì con il padre che pagò 425 lire per scagionare la figlia che tornò nella casa paterna per l’ennesima volta.

Il notaio, nel gennaio del 1604, decretò con un atto giudiziario il valore del contratto relativo alla dote a seguito del quale Alessandro Vallerani consegnò al nipote Giovanni le 1500 lire promesse alla figlia venticinque anni prima.

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