Rase di Sotto

Si trova traccia di questo edificio già da un censimento del 1315 in cui figurano tre case di paglia. Successivamente, nel 1539, viene segnalata una casa in muratura con tetto in lastre appartenente a Luchino e ad eredi di Zanino Nicolai di Casigno, e un’altra simile di Domenico e Benedetto figli del fu Andrea di Pietro Franzoni.

Si può ancora desumere la struttura risalente al Quattrocento con un portale con arco a tutto sesto formato da conci di arenaria, mentre altri due portali recano le date 1787 e 1869.

Infine sull’architrave di una finestra vi è un giglio, altro simbolo particolarmente utilizzato come decorazione per questi edifici. Lo abbiamo incontrato nella sua visione di fleur-de-lys, ma è importante conoscere anche il suo valore per la cristianità. Infatti è legato al culto mariano, per cui evoca purezza e protezione femminile. I tre petali stilizzati rappresentano la divina Trinità (Padre, Figlio e Spirito santo). Su questo fiore si sono spese molte parole e alcune versioni lo vedono collegato strettamente alla coppa del Santo Graal, il cosiddetto ‘Sangral’, il ‘sangue reale’, ovvero la discendenza di Maria Maddalena e Gesù. Spesso è accomunato al fior di loto e alla colomba e quindi alla pace, ma anche a Venere e quindi alla fertilità insieme alla procreazione, tutti temi che in passato erano basilari.

In questa zona alla fine del XIV secolo è attestata la presenza di un maestro comacino Giovanni di Pietro da Como e ciò spiega l’uso dei vari simboli posti sulle case come abbellimento, ma anche protezione. Molti comacini si stabilirono in questa zona, acquistando varie proprietà. Negli architravi venivano posti volti grotteschi, dai quali si diramavano foglie e fiori, molto spesso con le corna e decorati con frutta e fiori, che evocano la ricchezza germogliante della cornucopia. Nelle figure con le corna si può riconoscere la figura del dio gallico Cernunnos, latore di vita e prosperità. Era infatti il dio della fecondità, della virilità, della caccia, della guerra, dell’abbondanza, della natura selvaggia e anche della morte e dell’oltretomba. Era lo spirito divinizzato degli animali maschi cornuti, specialmente dei cervi. Un’altra figura somigliante a questa è quella del cosiddetto green man: un volto umano circondato dalla vegetazione. L’’uomo verde’ è principalmente un simbolo di rinascita, in quanto rappresenta il ciclo di crescita che parte da ogni primavera. Nonostante si tratti di un simbolo pagano, inerente alla fertilità e allo spirito della natura, spesso si trova anche nelle cattedrali e nei luoghi sacri. Alcuni lo accomunano al woodwose (‘uomo selvaggio dei boschi’), emblema della natura selvatica e dei suoi frutti. Anche il territorio di Roffeno ha conosciuto una di queste creature che veniva chiamata, om di bosc, ‘uomo dei boschi’, una figura mitologica che si diceva viveva nella natura e che insegnò agli antichi contadini la lavorazione del latte in formaggio.

Nella zona non mancavano poi le insegne che indicavano le differenti tipologie di artigianato, ovvero forbici per il sarto, incudine per il fabbro, mazzuola per il muratore, e così via.

Scroll to Top