La Liberazione di Roffeno Musiolo

14 APRILE 1945: LA LIBERAZIONE DI ROFFENO MUSIOLO
(l’attacco degli Alleati alle postazioni tedesche su Monte Rocca e Torre Jussi
dai diari dei soldati americani al fronte).

Lo spettacolo comincia
Proprio con le parole “The show is on” il generale Truscott informò il Quartier Generale della 5° Armata dell’imminente attacco; alle ore 8,30 precise arrivò nella Valle del Reno una squadriglia di quattro cacciabombardieri Thunderbolt che effettuarono varie ondate mitragliando e sganciando bombe dirompenti e incendiarie. Si accanirono in particolare sul Monte Rocca di Roffeno Musiolo, sul Monte Pigna con bombe al napalm e sull’incrocio fra la via Porrettana e quella Vergato-Zocca. Fu colpito, per errore, anche un deposito di munizioni in loc. Passatore di Castel d’Aiano. Furono 459 complessivamente nella giornata le missioni aeree nello scacchiere della 5° Armata (in questo primo giorno entrarono in azione ben 500 aerei nel settore IV Corpo; si ritiene che nei primi quattro giorni dell’offensiva siano intervenuti, sul fronte della 5° Armata, 2000 velivoli: il maggior spiegamento di forze aeree in appoggio a quelle terrestri nella Campagna d’Italia). Alle ore 9:10 subentrò, per 35 minuti, un massiccio bombardamento dell’artiglieria pesante soprattutto sul Monte Rocca con effetti devastanti. Fu una delle più grandi concentrazioni di fuoco d’artiglieria nel corso della Campagna d’Italia. Gli alleati avevano a disposizione, in questo settore, 381 pezzi di artiglieria del IV Corpo ed in più quelli sotto il diretto controllo della 5° Armata contro i 240 pezzi della 334° e della 94° Divisioni tedesche.
“uno spettacolo tremendo”, “una visione terrificante”, “il terreno tremava letteralmente” hanno riferito i militari americani che avevano assistito. Non vi fu fuoco di contro-sbarramento.

Allo scoccare delle ore 9:45, scomparso il denso ed acre fumo dei bombardamenti, gli uomini della 10° Div. Montagna cominciarono a varcare la LD (Linea di Partenza) dalle posizioni ad est di Castel d’Aiano verso le alture che costeggiano la strada per Roffeno Musiolo. Le giovani reclute ritenevano che, dopo il massiccio bombardamento del mattino, non vi fossero più sopravvissuti, ma i veterani non si facevano illusioni.
Contemporaneamente i bulldozer del 126° Brigata Genio avanzarono sotto il fuoco dei cannoni nemici ampliando le vecchie strade e tracciandone di nuove per consentire il passaggio di veicoli motorizzati e corazzati (ancora oggi esiste la cosiddetta “strada americana” lungo il versante orientale del monte Castellana che da casa Casella arriva al Mulino Pierotto passando nei pressi di loc. Meladella per proseguire poi per Serra Sarzana). La zona, già esplorata nei giorni precedenti dal Cap. Sanders, seguiva l’antico sentiero della “MADONNA DEL GROPPO” (che con diversi volontari di Rocca di Roffeno e l’aiuto dell’amministrazione comunale abbiamo ripristinato nell’estate scorsa ndr) e che metteva in comunicazione la valle dell’Aneva con quella del Vergatello. Secondo una credenza popolare chi passava di notte lungo questo sentiero isolato ed impervio, contrassegnato da una immagine devozionale su un albero di castagno, sentiva il canto del gallo.
Il primo tratto fu aperto, anche per i veicoli pesanti e per i carri armati alle ore 9:15 del giorno seguente.
l’86° Reggimento Montagna partì più tardi, alle ore 10:30, rispetto agli altri due reggimenti. Il 2° Battaglione fece una deviazione a Torre Jussi e attaccò alle 10:40 con l’appoggio del 605° e 616° Rgt. Artiglieria, il temibile Monte Rocca (889 mt). Vi fu una sanguinosa battaglia, basti dire che alle h 16:10 erano stati fatti solo 18 prigionieri tedeschi, e la vetta fu conquistata alle h 17. “L’assalto al monte Rocca fu un’azione splendida”, ha scritto uno storico americano. La grande croce devozionale sulla vetta della montagna era stata divelta dalle cannonate alleate. Anche un posto di pronto soccorso tedesco fu centrato da un colpo di cannone: morirono un ufficiale medico, un maresciallo ed un caporale di sanità, oltre ad un capitano ivi ricoverato. L’infermeria era stata allestita, secondo gli americani, sopra un deposito di munizioni.
I difensori del monte Rocca, stimati in circa 70 uomini all’inizio della battaglia, appartenenti alla 1° Compagnia / 756° Reggimento Granatieri, annidati tra le rocce, inviarono un ultimissimo radiomessaggio: “fuoco sulle nostre posizioni” poi la trasmittente tacque per sempre: solo un soldato, perché portaordini, si sarebbe salvato.
 Gli americani non si aspettavano una resistenza così tenace dopo i violenti bombardamenti del mattino (furono oltre 33.000 i colpi d’artiglieria messi a segno sulla montagna) e temevano un contrattacco nel corso della notte che però non fu attuato. Un ufficiale tedesco fatto prigioniero commentò, durante l’interrogatorio, che il monte Rocca rappresentava il tallone d’Achille dello schieramento difensivo in quel settore. L’86° Rgt. Alle ore 17:30 occupò le alture circostanti e in serata proseguì lungo la strada verso Cereglio. Dal monte Valbura, occupato già nel mese di marzo, cominciarono a scendere gli uomini della Compagnia G.
L’87° Rgt. Montagna con il 1° Btg. Si mosse dai monti Spicchione, Sinistro e della Spè in direzione Serra Sarzana ed entrò nel villaggio di Torre Jussi trovando una strenua resistenza da parte del 755° Rgt. Granatieri. Fu costretto a battersi fino a notte inoltrata casa per casa e talvolta anche corpo a corpo e ad usare i bazooka: “fu un’esperienza terribile”.
Il 2° Bgt., sorpassando Torre Jussi con un by-pass, prese quota 903, denominata Monte del Sole (ad est del bivio Bocca dei Ravari) e arrivò alle case Strada e Tavole fino a Quota 868 (Monte della Pardera).
Durante la battaglia erano stati catturati pochi tedeschi, definiti “giovani, duri, arroganti” e recuperati invece molti documenti con le parole d’ordine, le reti e le frequenze radio, i segnali di richiamo ecc.
COMPLESSIVAMENTE NELL’ARCO DELLA GIORNATA LA 10° DIVISIONE MONTAGNA AMERICANA CONTO’ 553 PERDITE.

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